Quello che io non sono – poesie per un nuovo materialismo


 

I

 

Partendo da un approccio embodied, riguardo alla componente sonora del linguaggio si potrebbe dire molto: dalla prospettiva della cognizione incarnata non c’è infatti una vera separazione fra le competenze senso-motorie e quelle legate al linguaggio e all’immaginazione (Caruana e Borghi 2013), quindi attraverso la testualità noi possiamo accedere direttamente alla simulazioni di azioni e scenari. Il linguaggio sarebbe allora una macchina per generare mondi possibili che vengono “sentiti” dal corpo, simulati nella loro agibilità dalla totalità del soggetto.

Quello che certa poesia assertiva recente fa, forse, è cercare di sfruttare al massimo questa caratteristica del linguaggio, armonizzando la dimensione sintattica, quella fonica e quella lessicale per ottenere uno specifico stato in chi interagisce col testo. Da questa prospettiva, un testo letterario assomiglia a una smart drug ed è intrinsecamente multimediale, poiché capace di risvegliare attraverso la simulazione cognitiva un vastissimo campo di esperienze umane differenti, che non vengono pensate a freddo ma “ricreate” nel corpo tramite le facoltà dell’immaginazione (Hannah J. Rule 2017).

Da questa idea di testo come generatore potenziale di visioni per me sono derivate nel tempo varie conseguenze: uno spostamento della lirica dall’asse testimoniale a quello finzionale, il disinteresse per il genere, il passaggio da un atteggiamento stilistico di tipo tecnico-formale a uno di tipo pragmatico e legato all’effetto che il testo produce nell’altro, e di conseguenza l’abbandono di una poetica aprioristica.

Del resto, la cognizione incorporata è soltanto uno dei tasselli che compongono una cornice concettuale che potremmo chiamare neo-materialista. Non solo mente e corpo sono intrecciati se non fusi, ma l’individuo è stretto in modo ancora poco chiaro fra geni e mondo (Linda ed Edward McCabe 2008), determinato dal contesto ecologico in cui opera e dalle sue possibilità di azione immediata (Gibson 1979). C’è in questo anche un aspetto inquietante, indagato tra gli altri da Timothy Morton nel suo Ecologia Oscura (2021). Sulla scala dell’individuo, per esempio, l’integrità della soggettività è stata minata numerose tradizioni che vanno dalla psicologia alla fisica, fino ad alcune scoperte neuroscientifiche che hanno ravvivato il dibattito circa la possibilità o meno del libero arbitrio (Libet 2002). Sulla scala della specie, invece, l’umanità si è resa conto di essere responsabile di eventi totalmente al di fuori della comprensione immediata e che appaiono irraggiungibili, come quelli legati ai cambiamenti climatici o al mercato finanziario globalizzato.

 

 

II

 

Durante la stesura di Sistemi (2020) ero particolarmente concentrato sugli aspetti appunto più oscuri di queste nuove forme di materialismo, e infatti il libro ne porta i segni: il soggetto che lo abita è smembrato fra la prima e la terza persona, e sembra non esistere al di là delle sue azioni e dei contenuti della sua mente: è dominato dagli eventi biologici al suo interno e all’esterno, è lui stesso un evento materiale legato a tutti gli altri. Inoltre, la rappresentazione dei singoli processi mentali ha la meglio sull’idea compiuta e sulla comunicabilità, gli strumenti linguistici non servono la limpidezza né rimandano a un’idea di forma come impegno, ma semplicemente moltiplicano le suggestioni e le sinestesie, svolgendo una funzione entropica.

Ultimamente, la vertigine del sentirmi determinato ha lasciato spazio a un tentativo di reazione, e ha prevalso l’impulso a sfruttare l’allucinazione linguistica in modo più definito e liberante, per portare l’altro lontano dai limiti della sua realtà e fargli compiere una iper-esperienza, nella speranza di offrirgli un’occasione per modificarsi e tornare nel mondo diverso.

Per quanto riguarda i libri degli altri, a essere onesto, forse vedo più relazioni con questa cornice concettuale di quante ce ne siano nella mente dei loro creatori. Tuttavia, grossolanamente, la mia impressione è che moltissimi dei libri di poesia che più mi hanno interessato in questi anni siano sospesi fra il lutto derivato dalla naturalizzazione (e oggettificazione) dello sguardo sul soggetto – e sull’umano in generale – e la reazione a questo lutto, agìta tramite una svolta tecno-alchemica nella concezione dell’opera poetica. Del resto, non si tratta che dell’eterno iato fra la realtà percepita-conosciuta e quel che vogliamo credere possibile.

Al primo gruppo appartengono, per esempio, La pura Superficie di Guido Mazzoni (2017), o il Benedetti ’nascosto’ di Materiali di un’identità (2010); al secondo la produzione di Carmen Gallo a partire da Appartamenti o stanze (2015), o il recente Noi (2021) di Alessandro Broggi. Poi ci sono i libri che mettono in relazione dialettica la lucidità e il sogno, come Scurau di Giuseppe Nibali (2021), Combattimento ininterrotto (2015) di Alessandro Ceni o Trasparenza (2018) di Maria Borio, e quelli che per uscire dall’umano si calano nei panni di soggetti altri – come fa Bernardo Pacini con un drone in Fly mode (2020) – oppure in un’umanità basica che non legge e non scrive, parafrasando Vitaliano Trevisan, e in questo Made in Italy (2008) di Simone Cattaneo è magistrale.

Ciò che questi libri hanno in comune, e non credo sia casuale, è che in essi la scelta dello strumentario stilistico-formale è del tutto aderente al corpo dell’opera, che a sua volta nel complesso realizza un piccolo mondo congegnato al millimetro per ottenere un risultato cognitivo (in senso positivo). A mio parare questo può valere per l’assertività di Mazzoni come per i cut-up ecologici e levigati di Broggi, per il simbolismo postremo di Ceni come per il monolinguismo minimalista di Benedetti – e così via.

Per quanto riguarda ulteriori letture, siccome non ho spazio, ho sparso diversi riferimenti in forma breve qua e là nel testo, e a quelli rimando. Mi sento però di aggiungere The Embodied Mind (Varela; Thompson; Rosch 1991), sulla volatilità del soggetto e il suo incastonamento nel mondo, e Action in Perception (Noë 2004), sull’erosione delle barriere fra mente e corpo, azione e percezione.