Tutti i temi dei Martedìpoesia


 

Io chi?: il tema dei martedìpoesia del 6 giugno alle 18.00.

Io, ma chi è io? Cosa è o chi è l’identità che assumiamo o pensiamo di assumere? E ancora chi prende parola in poesia? La voce di un corpo racconta il suo vissuto o è quella di chiunque? Quale voce sentiamo quando leggiamo un testo? Come si può stare dentro e fuori l’esperienza per abbracciare un punto di vista più ampio? Più vicino all’oggettività di una realtà che non sappiamo se effettivamente esiste e in quali modi.

Deleuze parla di «quarta persona singolare», di singolarità, per dire il momento in cui l’esperienza esce dall’individuo per risuonare in quella dell’altro. Ciascun essere umano è incarnato e situato con il corpo nell’ambiente e ciò che percepiamo diventa il nostro mondo, che accade e costruisce l’identità a partire dal nostro agire nello spazio. Il modo di percepire crea in noi un luogo di presenza vissuta dove dentro e fuori si tengono insieme (sono «visti» allo stesso modo), facendoci stare tra le cose, ma al contempo vicini e distanti da esse. Sospesi nell’incompiuto dove spazio e tempo, vivi e morti, esistono simultaneamente.

Da espressiviste a rifunzionalizzate, da interposte persone ad abitudine zero, come sono mutate nella modernità le forme poetiche dell’identità? Si può parlare oggi di identità in relazione alla poesia?

 

 

Tempo: il tema dei martedìpoesia del 9 maggio alle 18.00.

Raccontare in un determinato spazio un’esperienza è il modo in cui un essere umano concepisce il tempo, nel momento in cui egli dà senso al movimento di eventi e relazioni, altrimenti incoerenti e potenziali.

Non ci limitiamo soltanto a registrare l’istante presente, ma tratteniamo ciò che è appena accaduto (già assente) e intuiamo ciò che sta per accadere, abbracciando un «campo di presenza vissuta» e possibile, che dà forma alla coscienza interna del tempo e che va a formare la narrazione di sé, estesa al passato e al futuro.

Percepire il presente mentre accade è però impossibile poiché, come è stato dimostrato, tra il momento in cui il corpo interagisce con l’ambiente e l’esserne coscienti vi è un ritardo neuronale, cioè un arco di tempo, definito «compresso», come anche nel caso della luce fossile delle stelle. Il presente è dunque ricordato e sfugge alla coscienza, che ne prende atto quando la risposta neurale è già avvenuta. Il dilemma è «sapere senza essere e essere senza sapere».

In una poesia il tempo e il modo dei verbi collocano la scena della mente, insieme ad altre figure, per farla accadere qui, in questo momento e ogni volta, nel rito della lettura, in un continuo impossibile presente.

 

 

Natura: il tema dei martedìpoesia del 4 aprile alle 18.00.

Natura, paesaggio, ambiente: l’essere umano si muove nello spazio, portando con sé il proprio vissuto. Siamo situati e incarnati nello spazio in cui ci muoviamo, che è sempre abitato dallo sguardo e dalla memoria. Potremmo quasi dire che la rappresentazione della natura è mitica e affonda nel simbolico della nostra specie.

Nel mondo classico la natura tende ad essere contemplata in rapporto al fare dell’uomo; l’urbs viene preferita alla rus; silva è addirittura il luogo dell’errore e, per Platone, della materia informe, primordiale. Óros è il luogo selvaggio, legato al sacro, al non umano, cioè i monti sono considerati le dimore degli dei o dove essi incontrano l’uomo. A nessuno sarebbe mai passato per la testa di fare trekking per scrivere il proprio nome sul libro vetta. La natura non era né umanizzata né considerata il teatro narcisista di gesti atletico-sportivi.

Wilderness è invece un’idea moderna, non naturale, che rivela il fascino e la repulsione dell’altro, nonché il desiderio di altrove, a fronte di un distacco già avvenuta dall’ambiente, che taglia dentro e fuori, città e natura, artificiale e naturale. È proprio chi vive in città, distante dalla natura, a contemplarla. Essa non è più usata, ma fruita. Nell’età moderna sentiamo la natura poiché ne siamo distanti (Schiller) e l’unica natura autentica resta la fanciullezza.

Alla fine del diciottesimo secolo, nel tempo della “rivoluzione” industriale, insieme ai connessi fenomeni dell’inquinamento e dell’inurbamento, e con l’aumento della pressione antropica, si ha una svolta estetica epocale poiché le rovine, i vulcani (Leopardi chiamava il vulcano “l’utero tonante”) evocano la fragilità e l’inconsistenza dell’essere umano rispetto allo scorrere dei secoli e alla vastità di ciò che gli sta attorno. È l’estetica del sublime, che risiede nella mente, non nella natura. Dove l’uomo è assente la natura acquista valore e da essa sgorgano le emozioni. Al contrario, per l’arte classica, che persegue un ordine idealizzante, la vastità, la vertigine, i paesaggi estremi sono esperienze negative, non interessanti.

La natura incarna così di volta in volta la vitalità del sentire, il panismo estetizzante, oppure è capace di scatenare ossessioni personali e traumi, o ancora è emblema del “male di vivere”.

La visione della natura vivente, lontana sia dalla visione scientifica sia dai culti religiosi attualmente praticati, per millenni è appartenuta alla nostra specie, per poi confluire nel mito (anche in quello della natura selvaggia), nel patrimonio folklorico o è rimasta come apertura a una realtà ulteriore. Questa idea del vivente, umano e non umano, che produce segni, creando una rete di relazioni interconnesse si è fatta spazio negli studi biologici e antropologici recenti, dando vita ad un nuovo (e antichissimo) modo di intendere la natura, con esiti diversi nelle storie narrate e nelle forme poetiche; in quest’ultimo caso, per esempio, unendo più dimensioni dello spazio, dal microscopico all’astronomico, oppure dissolvendo la centralità del soggetto in favore di altre forme di esistenza.

Quale spazio ha la natura nella vita delle parole?

 

 

Spazio: il tema dei martedìpoesia del 7 marzo alle 18.00.

Fin dove arriva lo spazio del testo? E da dove proviene, come si costruisce? Leggere una poesia è forse muoversi nello spazio per percepirlo tramite la materia sonora cosciente, da cui scaturisce il senso e la sua componente emotiva?

 

 

Percepire: il tema dei martedìpoesia del 7 febbraio alle 18.00.

Percepire è il modo in cui il nostro corpo agisce nello spazio. Il corpo è la sorgente dello spazio percepito. Cosa significa vedere? Con cosa percepiamo? La coscienza è la nostra esperienza del mondo, è «sentirsi vivi» a partire dal vissuto senso-motorio.

Siamo dunque incarnati e situati con il corpo nell’ambiente, il quale diviene così il nostro mondo.