Terra dei ritorni – Alessandro Anil

 

Alessandro Anil irrompe con estrema originalità nello scenario poetico attuale: nel suo verso lungo, che attinge alla tradizione orientale, la materia si trasforma in vibrazione, fa germinare immagini, ripetute e variate, una sull’altra, che conducono una dominante melodia: la sera e l’auspicio dell’incontro. La sera ha a che fare col sonno, lo stare “sulla soglia delle ombre” prima di addormentarsi, col “terrore” che il fuoco dentro noi stia morendo. D’altra parte l’incombere della fine accende la “sete”, che è ciò che fa muovere i nostri passi anche se è notte, nella metamorfosi, nel movimento, il cui principio è l’amore. Ecco perché nella sera la voce rivolge dapprima al lettore, poi a un’amica mia, la preghiera “lasciami entrare”: mentre ripete che “niente resterà qui”, essa popola lo spazio di presenze, che si toccano, crescono l’una sull’altra, deviano e ritornano, sono la promessa della vita, “indizi e ripetizioni che alternano la fine col principio”, a dirci “che non è fine, che c’è ancora tempo” finché resteremo sillabe pronunciate, alla luce del movimento che, nello stesso fiume della fine, incontra le presenze della vita.