Dialogo con Alessandro Farris (Esordi 2023)

Alessandro Farris è nato nel 1997 a Cagliari. Ha studiato tra Cagliari, Pisa e Bologna ed è laureato in Italianistica. Ha lavorato come assistente presso il Trinity College di Dublino, dove ha tenuto alcune lezioni sulla poesia italiana. La sua opera Coloring book, è pubblicata in Esordi 2023 (Pordenonelegge), insieme alle sillogi di Silvia Atzori e Beatrice Magoga

 
 

Franca Mancinelli – Coloring book, la tua silloge pubblicata su Esordi 2023, rappresenta il tuo esordio assoluto (i tuoi versi non erano infatti apparsi prima su riviste o antologie). Che significato ha avuto per te questa esperienza?

Alessandro Farris – Prima di scegliere se partecipare o meno a Esordi ho riflettuto parecchio sul senso di prendere parte a con una silloge originale a un progetto di questo tipo. Nel corso degli anni ho avuto modo di leggere autori che amo non soltanto per quanto riguarda il loro lavoro come scrittori o scrittrici, ma anche per quanto riguarda le loro posizioni in merito alla scrittura, alla pubblicazione, al rapporto con “il mondo fuori”. Giustamente e comprensibilmente prendere parola con dei testi inediti è un atto che viene visto come qualcosa di molto importante nel percorso di un autore: mi pare spesso che però questo gesto venga caricato di un portato vagamente romantico nel quale ho difficoltà a rispecchiarmi pienamente. Vero è che si tratta senz’altro di una decisione che va presa con attenzione e che determina, almeno in un primo momento, un posizionamento in un campo letterario e magari anche etico-politico preciso. 

Tuttavia, a me interessava la possibilità di un confronto e di un contatto; ovviamente e in primo luogo con il parere delle persone che avrebbero valutato i miei testi, e, in particolare della persona che si sarebbe occupata dell’editing e della prefazione della mia silloge, ovvero Franca Mancinelli. Anche la possibilità di poter prendere parte a un progetto insieme ad altre due voci valide, con le quali confrontarsi, anche solo per vedere quali sono i temi “caldi” per chi esordisce in poesia oggi, è stata importante. Infine poter conoscere altre persone che si occupano di letteratura all’interno del festival Pordenonelegge è stata un’altra componente molto stimolante dell’esperienza. Non so se credo nell’idea di un’opera come qualcosa che si esaurisce in se stessa, in un libro; scrivere, mettere in crisi questa scrittura, vederla criticata, eventualmente cancellarla, partire da essa per aprire nuove strade che portino ad affrontare anche riflessioni che esulano dal letterario, sono per me parte di un unico processo di natura prettamente artistica.

 

FM – In questi testi ti confronti con i limiti del linguaggio e con una realtà in cui il pensiero e la parola sono demandati a entità non umane, come Alexa e le intelligenze artificiali, l’ultimo testo della silloge si intitola infatti Adieu au language. Come vivi questa trasformazione che si sta svolgendo con una velocità e radicalità tali da renderla quasi non percepibile nella sua portata?

AF – Non sonno certo di avere un’idea chiara su ciò che sta succedendo. È senz’altro vero che il nostro modo di stare al mondo è radicalmente cambiato negli ultimi decenni, e in quanto persona nata alla fine degli anni ’90, ho una memoria molto fioca del mondo “com’era prima”. Dal cambiamento nel nostro stare (e con stare intendo l’atto fisico dell’essere presenti in un unico posto, ma anche le stesse nozioni di presenza, posto e durata) al mondo ovviamente deriva il cambiamento nel nostro modo di interpretarlo, il nostro punto di vista; uno degli strumenti più antichi che ci permettono di farlo è, come è noto, il linguaggio verbale, scritto o orale. Non voglio dilungarmi in spiegazioni lunghe e noiose su come il nostro uso dei media abbia ulteriormente influenzato il nostro modo di vedere la realtà e di parlarne (il famoso pictorial o visual turn). L’arte è un manufatto umano e come tale registra e testimonia questi processi; direi che ha il dovere, se non vuole essere conservatrice, di farlo.

Penso che di fronte a queste trasformazioni ci si possa rifugiare in un rifiuto più o meno comprensibile, in una paura di ciò che è nuovo (che da sempre spaventa l’uomo e probabilmente continuerà a farlo per molto tempo); ed è innegabile che certe mutazioni così radicali nella maniera in cui interagiamo, passiamo il tempo, pensiamo le relazioni, richiedano periodi lunghi per essere comprese e metabolizzate. La nostalgia, così dominante oggi, è però rassicurante ma anche limitante, anestetizzante. È invece proprio la comprensione e il ragionamento intorno a questi cambiamenti che mi interessa su un piano più ampio, non solo legato alla tecnologia, ma anche a cambiamenti sul piano sociale: a proposito, mi ritrovo nell’espressione inglese to engage with: intrattenere una relazione con qualcosa per capirla. Ragionare intorno a ciò che modifica la nostra realtà, interagendo realmente con i meccanismi e i dispositivi che la dominano, interpretarla criticamente in primis come persone, che agiscono e pensano, e poi, forse, come scrittori, mi sembra l’unica opzione valida sotto un punto di vista etico e poi letterario.

Riguardo il tema dell’intelligenza artificiale, trovo sicuramente interessante, su un piano letterario, la sua presenza come interlocutrice, allo stesso modo in cui posso trovare interessante la presenza di una voce altra all’interno di un qualsiasi testo. La polifonia e la presenza di una molteplicità di voci sono qualcosa di connaturato al testo poetico sin dall’antica Grecia; il fatto che ci si muova in un genere, come quello della lirica, che è stato codificato come espressione dell’interiorità di un singolo non nega tutto ciò. Col lavoro per Esordi mi interessava soprattutto ragionare su questa molteplicità di voci, più o meno distinte, sulla presenza uncanny di ricordi originali o frutto di successive suggestioni di natura mediatica, di esperienze più o meno autentiche. Il concetto di “autenticità” mi interessa parecchio, così come mi interessava vedere come medium linguistico e medium visivo entrassero in contatto; come usare in maniera efficace le parole per descrivere qualcosa di una realtà che si fa sempre più visualità, sguardo, immagine reticente a una descrizione esauriente.

 

FM – Per questa silloge abbiamo lavorato insieme, per alcuni giorni, confrontandoci per e-mail, per arrivare a una versione il più possibile definitiva. Come nasce in te una poesia e come avviene il processo che porta alla sua versione finale?

AF – Nel caso della silloge contenuta nell’ebook di Esordi 2023 i testi sono, come spesso avviene, frutto di un lavoro stratificato e lungo nel tempo, che è andato avanti dalla fine del 2020 all’inizio del 2022 circa. A un nucleo iniziale, che corrisponde alla seconda sezione della silloge, si è poi aggiunta un’altra parte che è nata in seguito a letture, interrogativi e dubbi forse partiti proprio da quei primi testi; il discorso che portavano avanti richiedeva come un completamento. Per questa ragione vedo Coloring book come un lavoro chiuso, direi concluso (anche se tendo a cambiare idea facilmente).

Personalmente, la scrittura per me è un’attività irrimediabilmente legata all’esperienza personale; ho difficoltà a scrivere, o per lo meno a scrivere qualcosa di significativo, in momenti in cui la mia vita attraversa una stasi. Sono solito correggere e modificare anche pesantemente i testi per mesi, eventualmente a ibridarli l’uno con l’altro. In un primo momento tendevo a tagliare parecchio, ora invece, nelle ultime cose che ho scritto, mi sento più vicino a un approccio che deborda, anche nella lunghezza del testo, e non cerca l’esattezza o la nitidezza dell’immagine, ma un’altra forma di elaborazione linguistica. Dubito di essere arrivato a una versione finale anche solo di un testo che ho scritto.

 
 
 
 

foto di copertina di Riccardo Frolloni