Diletta D’Angelo nasce a Pescara nel 1997. Nel 2019 viene selezionata come autrice emergente per RicercaBO Laboratorio di nuove scritture. Nel 2021 vince il premio Esordi di Pordenonelegge e dallo stesso anno collabora con la casa editrice Industria&Letteratura come social media manager e ufficio stampa. Nel 2022 vince il premio Ritratti di Poesia.si stampi e pubblica Defrost, suo libro d’esordio. Nello stesso anno ha collaborato con la casa editrice Interno Poesia come ufficio stampa e con lo spazio espositivo Adiacenze come social media manager. È tra i membri fondatori e vicepresidente dell’associazione Lo Spazio Letterario. La sua opera Anamnesi è stata pubblicata in Esordi 2021 (Pordenonelegge) e nel 2023 ha vinto il Premio Poesia Giovani di Pordenonelegge 2023.
Massimo Gezzi – Sei la prima autrice che partecipa, vincendo entrambe le categorie, agli “Esordi” e al Premio “I poeti di vent’anni”. Cosa ha significato per te questa duplice esperienza a Pordenonelegge?
Diletta D’Angelo – Le due tappe hanno segnato rispettivamente un inizio: nel caso di “Esordi” l’inizio della presa di parola e l’inizio di una riflessione su un lavoro mirato; nel caso di Poeti di vent’anni, invece, l’inizio di una presa di coscienza a posteriori sul lavoro svolto. Due momenti di confronto di fondamentale importanza.
M.G. – Come giudichi un progetto come “Esordi”? Ti pare interessante che in un’epoca in cui è possibile pubblicare qualsiasi cosa senza alcun filtro esista invece la possibilità di confrontarsi con dei lettori e delle lettrici esperte, prima di esordire in poesia?
D.D. – Il progetto “Esordi” è stato per me una tappa fondamentale, non solo poeticamente ma anche a livello umano: ha rappresentato una prima soglia e insieme la possibilità di uscire da un guscio, di trovare il coraggio per beccarlo, di iniziare a ragionare sull’idea di opera. Lo trovo un progetto interessante e davvero valido, un momento di confronto importante, perchè credo possa segnare un’apertura, una possibilità di inizio, di presa di parola e di riflessione. Non tutti hanno l’occasione di dialogare, di confrontarsi con un gruppo nutrito, di scambiare pareri, letture. Alcuni, invece, hanno questa fortuna o quella di incontrare voci da ascoltare, con cui muovere i primi passi del confronto e della riflessione poetica. In entrambi i casi, il progetto “Esordi” costituisce a mio avviso una tappa fondamentale: non credo infatti che il solo dialogo, il solo confronto (quando si ha la fortuna di averne uno) tra voci consonanti o dissonanti possa bastare in tutti i casi a trovare il coraggio di prendere parola. Questo progetto (per me, ma credo anche per molti altri) è quindi stato un fondamentale motore: ha rappresentato la prima occasione e possibilità di confronto, prima con lettori esperti e poi, con il piccolo universo della poesia. Un primo tentativo di presa di parola e di possibilità di lettura, di dialogo e riflessione, di apertura all’esterno, che va oltre il proprio orticello. Consiglierei la partecipazione a tutti coloro che vogliono iniziare una riflessione importante sulla propria scrittura.
M.G. – Qual è il tuo rapporto con gli altri “poeti di vent’anni”? E con quelli di trenta o quaranta, invece? Riconosci un percorso comune o la Generazione Z ha qualcosa di diverso in poesia da quelle che la precedono?
D.D. – Ho terminato il liceo dialogando (per quanto possibile) con i soli padri (o meglio i nonni) della letteratura. Iniziata l’Università, ho avuto la fortuna di scoprire un dialogo vivo e pian piano di pormi in dialogo a mia volta con la mia e con le generazioni alla mia vicine, senza escludere quelle più lontane. È stato un crescendo di voci, di scambi importanti, che le due esperienze di Pordenone mi hanno consentito di ampliare e proseguire. Credo che la mia generazione abbia una visione più fluida rispetto alle precedenti, permeata da influssi e interessi disparati e poco canonici, non legata o devota a una posizione esclusiva. Allo stesso tempo, penso che in diversi casi l’influenza delle generazioni immediatamente o di poco precedenti abbia comunque permeato molte scritture di miei coetanei. In generale ho la sensazione che la mia sia una generazione la cui visione tende a divincolarsi, che non in tutti i casi lascia sedimentare le influenze possibili o che non sempre si cura di ciò che sedimenta, ma con naturalezza trasforma.