Alcuni giorni fa, il 16 giugno per l’esattezza, è stato il ventottesimo anniversario della scomparsa di Ferruccio Benzoni, poeta romagnolo autorelegatosi in un margine effimero, fittizio, scontroso nella sua verticalissima lucidità.
Nato a Cesenatico il 18 febbraio 1949, poco più che adolescente ha fondato il gruppo “La comune” con il quale oltre a letture di poesia si dedica all’organizzazione del “Circuito teatrale alternativo” di Dario Fo e Franca Rame. Nel 1973 ha fondato la rivista “Sul porto” assieme a Stefano Simoncelli (recentemente scomparso) e Walter Valeri. La rivista riportava un sottotitolo provocatorio, “del fare cultura in provincia”, per sottolineare la condizione di alterità rispetto ai centri del potere culturale nazionale.
“Sul porto” attirò l’attenzione di critici e poeti come Franco Fortini e Pier Paolo Pasolini, ma soprattutto accompagnò i molti viaggi per l’Italia nei quali Benzoni incontrò Alfonso Gatto, Attilio Bertolucci, Giovanni Raboni, Antonio Porta, Giovanni Giudici, Giorgio Caproni e Sandro Penna. Tra le amicizie fondanti quella con Vittorio Sereni, incontrato al Premio Gatti di Bologna. Con Sereni i viaggi a Luino, a Bocca di Magra e nel Vaucluse, dove conobbe René Char.
Nel 1980 uscì, nei “Quaderni della Fenice” di Guanda (serie recentemente ripresa dall’Editore con Diario di un autodidatta di Alfonso Guida, finalista al Premio Strega Poesia e che tra le altre cose dedica un testo proprio al poeta di Cesenatico: “Di Ferruccio Benzoni”), La casa sul porto (Premio Mondello opera prima). Nel 1986 esce per San Marco dei Giustiniani Notizie dalla solitudine. Nel 1991 pubblica presso Scheiwiller Fedi nuziali. Il critico Pier Vincenzo Mengaldo scrisse che il libro godeva di un “serenismo impressionante, un serenismo non solo formale ma anche psicologico, come chi ha una specie di transfert”. Nel 1995 esce presso Marsilio Numi di un lessico figliale. In quest’opera oltre ai temi cari (la madre Giovanna, l’amore per la moglie Ilse, la solitudine) è rievocata con accenti aspri e dolorosi l’esperienza dell’ospedale. Nell’inverno tra il 1995 e il 1996 scrive Sguardo dalla finestra d’inverno, libro che uscirà postumo.
Di Benzoni si sono occupati Fernando Bandini, Roberto Galaverni, Paolo Maccari, Fulvio Panzeri, Roberto Roversi, Rodolfo Zucco, Paolo Zublena, Giovanni Raboni. Nel 2020 Marcos y Marcos, nonostante il periodo ben poco felice per l’Editoria, raccolse tutte le sue poesie nel volume Con la mia sete intatta a cura di Dario Bertini e con introduzione di Massimo Raffaeli. Libro che a tutt’oggi rappresenta lo strumento più esuastivo per conoscere la sua poetica.
Ferruccio Benzoni è stato ed è tutt’ora un poeta schivo e che schiva il popolo dei lettori e dei poeti. Poeta che ha cercato l’incontro e ha preferito appartarsi, spegnersi nella parola.
Da poco gli amanti sono dissolti
umidi e stanchi. È quasi l’alba.
Ah, io bevo e a mia madre so scippare
dal suo fodero d’abete un po’ di vita ancora
‒ miserabile calore.
E di te grido, amore, allo stellato incerto
a un’alba di cotone. Ebbra è l’aria e io
posassi la tua mano ‒ penso ‒ sulla mia fronte
la tua mano, quanta morte darei
per un massacro vano. Ma resto solo
e vivo, picchio la testa, come vedi scrivo:
fossero viole le voci, sarei di primavera!
M’allontano invece, deraglio dalla vita.
Posassi la tua mano ‒ non più per solitudine
per amore infine saprei farla finita.
(Jeux de massacre, in La casa sul porto, Quaderni della Fenice, Guanda, 1980)
Poeta capace di modulare in pochi versi diverse velocità. Nella fascetta di Canzoniere infimo e altri versi (2004) Dante Isella scriveva: “Tenera e irta, musicalmente intonata e chiusa, scontrosamente avvolta a riccio la poesia di questo autore prematuramente scomparso di cui si propone con questo volume l’ultima raccolta inedita”. Eppure la tensione benzoniana tra gli opposti che invadeva il suo stesso essere opposto a sé stesso, rotondo nell’attenzione quasi maniacale alla sonorità concatenata di verso in verso, anche quando appeso al nulla. Tensione estrema e delicatissima di un autore che anelava una vita che allo stesso tempo gli era respingente, dolcissima ma terribile.
Enrico Testa in Dopo la lirica (Einaudi, 2005) scrisse di Benzoni che “questa sua disposizione si lega alla sua attitudine a pedinare il rovinoso trascorrere della vita e, insieme, a mettere in salvo episodi e gesti luminosi: gli attimi che fummo”. Un muoversi “a margine”, continua a Testa, “sull’orlo delle cose” dove la parola non pretende di spiegare ma di rivelare.
Natura morta
Non sfiora nemmeno il tuo viso
questo nevischio alla finestra.
Eppure preferisco restare ancora un poco,
sgelare il cuore nella luce
bronzata della sera – finché
ridotto in cenere il tizzone
rosso – sparire, ah,
sia pure dietro una tenda, sotto
le fasce come un feto, in attesa
(in attesa?) del
bosco muto, dell’attimo
infinito in cui rendersi,
il blu incavato nella pupilla buia.
Benzoni, pur non essendo un poeta dei paesaggi (se non intimi, ossessivamente privati), cita nei suoi testi non di rado luoghi come Vaucluse, il mare, quel mare che “L’ho visto per la prima volta / fuggendo da un riformatorio” (Numi di un lessico figliale, Marsilio, 1995). Inoltre si ricorda il suo contributo, assieme a Simoncelli, alla sceneggiatura del film “Fuori stagione” di Luciano Manuzzi (1982, opera vincitrice del David di Donatello). E la giustificazione in Fedi nuziali (Scheiwiller, 1991):
Questo libro è un lungo piano-sequenza
(dico con il cinema)
di tre anni.
In pratica un diario senza montaggio.
La poetica di Benzoni è la costruzione di un pieno laddove il vuoto si espande, di una centralità laddove i margini si spezzano in altri margini, in altri lidi. E su tutto i morti, i cari morti che riempiono d’assenza, che erodono di minuto in minuto la vita di chi resta. Fagocitando il rapporto anche tra i vivi che diventano ombre tenerissime ma revocate, in qualche modo, fughe affollate.
Inverno in chiaroscuro
Resta una matita tra le pagine.
Inchiostri interrotti a un capoverso.
Non cambierà il paesaggio, o in peggio.
Forse è tempo di giungere al faro
struggere del suo baleno,
rientrare prima che la notte
revochi la certezza di vederti
sfilate le calze cercare
meno effimero un vuoto
nel vuoto tra le braccia.
Dolcezze maritali
Non inverno ancora, non ora
(gemme di gioventù intempestiva),
amore mio crollando nel tuo
sonno m’illudeva
la non vecchiezza dei dormienti.
Come privo d’un braccio, del
volto – ahi figlia non cesserai
mai di nascere ruscellando le
ciglia le selve –
non ho vita che per tenerti in vita.
Un sonno
Aisha anche non mi riconosce.
Del resto se vedo vivere il mio buio,
quanta, tenebrando, lontananza
dal tempo giovane, e arsa fede.
Fosse vero che i morti ingentiliscono.
Oh, dai vetri agitandomi – lei
l’esile gioia che era un astro
mi avrebbe preso per un’ombra
rapida nel riverbero di un cero.
Molti serbano ancora un ricordo vivido di Benzoni. Personalmente ricordo un aneddoto che nel 2013 mi raccontò Giorgio Devoto (San Marco dei Giustiniani Editore). Una sera, a Roma, lui, Ferruccio Benzoni e una poetessa di cui non ricordava il nome (Bemporad? Insana?) stavano rincasando la sera tardi quando, al portiere dell’albergo, la poetessa ha chiesto una frittata perchè affamata. Non potendo essere accontentata Ferruccio prese la poetessa, in strada e nonostante l’ora tarda, e si mise a ballare con lei tra lo sbigottimento dl portiere e degli astanti per quella scena così fuori luogo ma poetica. Anche perchè Ferruccio e la poetessa non erano più dei ragazzini.
Oggi di Ferruccio Benzoni restano i libri ma soprattutto l’intelligente operazione svolta da Dario Bertini e Massimo Raffaeli in Con la mia sete intatta (Marcos Y Marcos, 2020). E, recentemente, anche il sito appena aperto dall’Associazione Ferruccio Benzoni che raccoglie testi critici, ricordi, eventi attorno al poeta di Cesenatico: ferrucciobenzoni.it. Un’operazione di archivio che offre agli studiosi uno strumento utile per approfondire una delle poetiche più particolari e intense di fine 900, dalle parole di Franco Fortini su Notizie dalla solitudine alle analisi di Francesco Guazzo, Marco Conti, Lorenzo Flabbi, Andrea Moser, Michel Cattaneo, Ezio Settembri, Andrea Afribo, Fabio Moliterni ed Enrico Testa (e molti altri che verranno inseriti).
Il sito, voluto e costruito dall’Associazione Ferruccio Benzoni per l’interesse di Nadia Lazzarini, figlia acquisita del poeta, e di Alessandro Canzian (Samuele Editore) riporta inoltre un apparato fotografico inedito e preziosissimo come il Convegno su Sereni del 1991 (con Dante Isella, Attilio Bertolucci, Gabriele Frasca, Ferruccio Benzoni, Giovanni Raboni, Alessandro Parronchi, Piero Bigongiari, Maurizio Cucchi, Giorgio Orelli, Giorgio Luzzi, Andrea Zanzotto, Roberto Carifi, Luciano Erba, Giacomo Magrini, Giovanni Giudici, Fernando Bandini, Cesare Viviani, J. Charles Vegliante, Mario Luzi), la presentazione nello stesso anno di Fedi nuziali con Fernando Bandini, la presentazione nel 1995 di Numi di un lessico figliale con Giovanni Raboni, il Convegno nello stesso anno “Per Ferruccio Benzoni” con Francesco Scarabicchi e Massimo Raffaelli.
Per l’occasione abbiamo chiesto un commento a Nadia Lazzarini:
“È difficilissimo per me parlare di Ferruccio, direi quasi impossibile. Ricordo che una volta mi disse: «verrà il giorno in cui ti chiederanno di parlare di me». Inutile dire che speravo, in cuor mio, che non succedesse mai. Ho conosciuto Ferruccio quando ero ancora bambina. Conservo tanti ricordi e tra questi mi piace ricordare un giorno in cui, preparando l’esame di maturità, mi parlò a lungo di alcuni poeti tra cui Montale, della poesia La casa dei doganieri e soprattutto di Saba. Mi disse che la poesia va letta ad alta voce, ascoltata come si può ascoltare la musica e perché no, anche imparata a memoria. Della sua poesia non ne parlava, almeno con me, ma capitava che la sera leggesse a me e a mia madre le sue ultime poesie scritte e questo l’ho sempre considerato un grande onore. Ricordo che scriveva di notte, rigorosamente a mano su dei quadernini e ciò che non gli piaceva lo accartocciava riempiendo di fogli l’intera stanza.
Non sono una critica, in quanto archivista mi limito ad occuparmi della sistemazione e della conservazione delle sue carte, e sono veramente contenta che siano usciti diversi saggi ed articoli interessanti sulla sua poesia in questi ultimi anni e soprattutto che siano state scritte alcune tesi di Laurea. Una sola cosa mi permetto di dirla, in riferimento al scontrosamente avvolta a riccio di cui ha parlato Dante Isella: come persona Ferruccio era tutt’altro che scontroso. Era sensibilissimo, alquanto riservato e in certi momenti piuttosto taciturno.
A tal proposito mi viene in mente ciò che scrisse Galaverni nel saggio Benzoni e le orfanità della poesia: “Benzoni era un poeta che amava smisuratamente e che non sapeva rinunciare alla bellezza, altro autentico nume della sua poesia. E per molti versi la bellezza, la bellezza che la vita sa talora riservare quando entra, per così dire, nella costellazione dell’amore, appare come il suo lascito più distintivo ed eloquente; se si vuole, come l’arma più importante della sua resistenza”.
E si, in riferimento al Cinema, come lui stesso disse in alcune interviste lo amava molto e in particolare quello francese. Truffaut soprattutto. C’è una bellissima fotografia in Archivio che lo ritrae in compagnia di Jean Pierre Léaud, protagonista nel film I quattrocento colpi. Come è stato scritto Ferruccio è riuscito a portare dentro la sua poesia il taglio caratteristico della cinematografia. Gli ablativi assoluti che ricorrono nei suoi versi sono momenti cinematografici in cui l’immagine “scarta” e “riprende” da tutt’altra parte. I luoghi invece, quelli fisici per intenderci, sono i luoghi della memoria che hanno poco a che vedere con il paese di mare in cui è sempre vissuto.
Mi auguro che il sito possa diventare, col tempo, uno strumento d’aiuto per chi vuole approfondire lo studio della sua poesia e nello stesso tempo mi farebbe piacere che diventasse un “luogo” di collaborazione e di dibattito tra studiosi. Per quello che riguarda la poetica di Ferruccio sono convinta che ci sia ancora tanto da dire e, come asserito da qualche suo estimatore, ci si auspica non solo che venga maggiormente ricordato come poeta, ma che la sua poesia venga anche più letta.
A tal proposito mi fa piacere ricordare che il 25 agosto a Cesenatico, dall’inizio del molo fino al faro, dedicheranno la passeggiata a Ferruccio nella piazzetta delle Conserve con Massimo Raffaeli, Michele Longoni e Roberto Mercadini.