I naufraganti di Luca Ariano e Carmine de Falco

I naufraganti (Industria&Letteratura, 2025), raccolta di poesie scritta a quattro mani da Luca Ariano e Carmine De Falco segue a distanza di dodici anni il medesimo esperimento de I resistenti (d’if edizioni). Cosa ha portato in così poco tempo a trasformare il duo poetico da combattenti per la Liberazione Nazionale dal nazifascismo a Robinson Crusoe contemporanei? Lo sviluppo accelerato della tecnologia digitale che ha profondamente modificato dimensione esistenziale e rapporti sociali, il nuovo disordine mondiale che ripropone nazionalismi e neo-feudalismo di guerra, il cambiamento climatico che mette in grave pericolo l’equilibrio dell’ecosistema, sono alcuni dei temi fondamentali che vengono individuati per raccontare lo stato del naufragio presente.

Il secolo breve con cui lo storico Eric J. Hobsbawm ha battezzato il Novecento (dallo scoppio della prima guerra mondiale fino alla caduta del muro di Berlino) appare un’era geologica in confronto a quanto sta accadendo in questo secolo brevissimo del nuovo millennio, se non proprio l’ultimo, ad analizzare l’attuale crisi politica, economica, ambientale del pianeta: i coautori ci restituiscono il ritmo vertiginoso dei mutamenti oggidiani col verso fulminante: “ogni anno è una svolta epocale”.

Per Ariano/De Falco la parola resistere, soltanto poco più di un decennio fa, significava attivare memorie storiche e riferimenti ideologici capaci di interpretare e modificare la società nel suo complesso (l’antifascismo, la libertà, la democrazia, la solidarietà); ritenere ancora di poter dare un contributo sociale attraverso azioni collettive di scrittura, di opporre all’atomizzazione scampoli di comunità: condizioni minime che appaiono implose come nella introduzione-manifesto del loro scritto. Eppure il loro narrare il naufragio non appare mai un cassandrare fine a sé stesso, la citazione gramsciana “L’indifferenza è il peso morto della Storia” in epigrafe rappresenta tutt’altro che rinuncia alla lotta.

Carmine De Falco è poeta attivo sul versante delle scritture sperimentali; resosi interprete, con largo anticipo, dei rischi connessi all’uso dei nuovi media quali strumenti sempre più esclusivi delle relazioni umane, del barbarismo mediale impersonale ha fatto esplodere la falsa coscienza: nei suoi testi si sovrappongono le voci digitali del conformismo sociale. Luca Ariano ha lanciato le sue bombe civili facendo deflagrare la neolingua della pianura padana, testimoniando col registro della malinconia e dell’ironia la crisi d’identità delle province emiliane perse nel sonno di un’insostenibile leggerezza del finto benessere: nei suoi testi echeggiano le voci di maschere realistiche che biascicano il vuoto di miti globali.

Oggi, però, per i due poeti il corpo carne sparisce nel frullatore transmediale governato con gli algoritmi predisposti da cinici plutoinfocrati, dove risuona la vacuità della chiacchiera heideggeriana, cianciata da umanoidi che assistono impotenti allo spettacolo della catastrofe umana. Per chi considera ancora la poesia una chiave ermeneutica del sé profondo in relazione al circostante questo denso libretto appare davvero una bella e preziosa novità. La “parola impoverita e depotenziata” ha perso il suo “carico di fuoco, sopraffatta dalla società dell’immagine” suggeriscono i coautori nell’essenziale prefazione autografa. Forse quei miliardi di parole che quotidianamente popolano i social non sono altro che immagini di superficie prive di logos che rischiari, talvolta postate pure con ambizioni poetiche. Santa pace. Milionate di poeti?

Il naufragio stilistico viene reso dal flusso semantico in cui si susseguono serie orizzontali e accensioni verticali, ritmi atonali, dissonanti e filastrocche rimate, in una tendenza prosimetrica che si concretizza nel “combinare i piani” come da fulminea e arricchente postfazione di Giuseppe Andrea Liberti. Tra ascisse e ordinate sintattiche segnalo la “Filastrocca delle fakenews”, davvero irridente e caustica, e “Le madri di Gaza calmano i bimbi”, interpolazione da una drammatica e commovente poesia palestinese, a dire che un testo aperto accoglie le urgenze del proprio tempo. L’operazione culturale del binomio Ariano/De Falco, dunque, non è a quattro mani, a due teste, a due poeti, ma implica la partecipazione di chi ancora crede alla poesia come strumento politico (m’è scappata la parola vietata), chiede al lettore consapevolezza del naufragio ma di non abbandonare l’idea di poter raddrizzare la barca per la forza inattesa di un’onda anomala.