Pensato come nuovo frammento del poema in divenire La divisione della gioia (Transeuropa Editore, 2010; Industria&Letteratura, 2024), Se non sarò più mia ne approfondisce i solchi, a partire dalle persone interscambiabili e dal mescolarsi di natura e manufatto. Nelle quattro sezioni del libro lo sguardo si protende avanti e indietro nel tempo e nello spazio, facendo spostare il lettore tra le varie scene (il tram – con quello splendido inizio sospeso (“se un giorno, senza guardare, attoniti, / salissimo invisibili su un tram / [...] vivi nel leggero dondolio”) –, una stanza d’albergo, la stazione, le facciate dei palazzi) che scorrono nel flusso del vissuto.
Le scene a loro volta sembrano rinviare a qualcos’altro che resta fuori e al tempo stesso ci attraversa mentre parliamo. Siamo dove vediamo, ma i contorni si dissolvono, l’esterno visita la mente e la mente ci porta ovunque.
A prendere parola nelle sezioni sono io e tu, che finiscono negli altri, o un noi che parla a nome di due; tutte queste persone tendono a farsi esterne e a mostrare un ibrido percepire, comune a tutti: l’occhio e le cose del mondo, gli altri con i loro occhi e i loro mondi “come il fondale mobile, cangiante / dove odiamo, amiamo, ci lasciamo”.
Ciò che tiene legate le persone si inscrive dentro una storia più vasta di ciò che le tiene in vita. Dentro una lingua non più di nessuno.
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